Alitalia, piano da 2mila lavoratori in meno Polverini avverte: no ad altri sacrifici

28.12.2018

Ma quale 150° anniversario della "unità" d'Italia. In che cosa siamo uniti, chi sono questi "fratelli" d'Italia? A livello regionale? Ma non prendiamoci in giro. Ci sono regioni che sperperano e allegramente amministrano. Perché poi devono continuare ad esistere le regioni a statuto speciale?

Socialmente il divario tra classi più povere e quelle più ricche si allarga sempre di più, determinando un accumulo di capitale a livello nazionale concentrato verso l'alto, con benefici per pochi a scapito della stragrande maggioranza sempre più povera.

Culturalmente è un disastro e non solo in riferimento alla scuola (che vediamo come festeggia l'unità), quella che oggi, prendendo pappagallescamente in prestito un termine che deriva dall'inglese, è definito "educazione" (mentre una volta era l'istruzione, una delle tante spie di decadenza della lingua italiana), lasciando il vero significato del termine colpevolmente nell'oblio, tanto che ora nessuno parla più di educazione nel senso di buone maniere e di rispetto per il prossimo che determina uno degli indici del grado culturale di un popolo.

Siamo fratelli nelle istituzioni? Anche qui la frattura è sempre più forte, basti pensare, al di là delle spaccature ideologiche, alle persone che, non credendo più alla politica, hanno rinunciato ad esprimere il proprio voto (tanto a che serve?). I gruppi di potere sono rimasti, anzi sono sempre più fiorenti. Le categorie privilegiate di cosiddetti professionisti non sono state toccate.

Gli avvocati non si lamentano certo di come va avanti la litigiosità tra gli italiani medi (fratelli?), stabiliscono le parcelle e guai se qualcuno di loro prende l'iniziativa di modificarle rendendole più umane. Vogliamo parlare dei nostri "fratelli" notai? Questi si lamentano solo se qualcuno ventila l'ipotesi di mettere il naso nei loro affari.

Nostri fratelli sono i furbi che non pagano le tasse o che dichiarano al fisco importi quasi al disotto della sopravvivenza così da beneficiare delle esenzioni pensate per i meno abbienti? Questi festeggiano ogni giorno e non aspettano certo il 150° per farlo. L'elenco di questi nostri "fratelli" potrebbe continuare a lungo e non metterebbe in imbarazzo certi predicatori di oggi che la vergogna ormai non sanno più dove sta di casa. In nome della globalizzazione (leggi profitti personali di pochi) si tende molto di più a separare che a unire.

Dislocare ormai non è più un neologismo occasionale ma un termine diffuso molto amato dai nostri cosiddetti imprenditori di nuova generazione (raramente le terze generazioni riescono a continuare la tradizione di famiglia, preferendo o essendo costrette a monetizzare ciò che i padri riuscirono a realizzare).

Mi chiedo come potrà festeggiare (e dove) l'unità d'Italia Marchionne e tutto la proprietà della Fiat. Forse in uno dei tanti paradisi fiscali sorti su iniziativa di questi nostri "fratelli". La Svizzera ormai, dove i soldi si portavano per tradizione di queste famiglie, non sembra più impenetrabile, ma gli gnomi zurighesi correranno sicuramente ai ripari.

Se l'Italia fosse stata meno unita e più consapevole di un senso di Patria maggiormente comprensibile, forse avremmo avuto anche meno guerre, saremmo stati meglio amministrati e non si sarebbero verificate quelle emigrazioni di massa indotte dalla fame e dalla miseria che certi governi passati non hanno saputo impedire.

E' difficile trovare nella storia un periodo in cui siamo stati consapevolmente più divisi di quello che stiamo vivendo. Beato chi ha la fortuna di avere, nel generale calo demografico di questa nostra società, un fratello di sangue. Questi sono i fratelli d'Italia. Il resto è una presa per il sedere.

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